Liquidazione del danno da perdita parentale: la Cassazione dichiara non applicabili le tabelle milanesi “aprendo” verso le tabelle romane che prevedono parametri più specifici.

 

 

Con la sentenza n. 33005/2021, la Corte di Cassazione interviene in modo rilevante in materia di applicazione delle tabelle per la liquidazione del danno non patrimoniale da perdita del rapporto parentale, che non deve essere liquidato seguendo le tabelle milanesi, ma secondo un sistema che va orientato nella direzione delle tabelle del tribunale di Roma (pur non citandole espressamente), ritenuto il più idoneo a consentire un’adeguata valutazione delle circostanze del caso concreto, garantendo al contempo l’uniformità di giudizio.

Tale principio, emerso in tema di quantificazione del “danno parentale”, invero già parzialmente anticipato da recenti pronunce precedenti, può dunque dirsi oggi ufficialmente consolidato, proprio in virtù della recentissima sentenza della Cassazione.

Da un nostro precedente articolo, pubblicato sul sito a commento della sentenza n. 10579/2021, si evince come la Cassazione aveva già riconosciuto la possibilità di applicare le tabelle di Roma nella liquidazione del “danno parentale”, qualora non vi sia “una sproporzione rispetto alle tabelle milanesi”, parlando di progressione evolutiva”  verso un livello massimo di certezza, uniformità e prevedibilità, percorso che vede nella sentenza n.33005/2021 il naturale approdo, in continuità con l’iter giurisprudenziale precedente che ha “sdoganato” definitivamente le tabelle romane.

Il caso riguarda una richiesta di risarcimento del danno da parte degli eredi di un congiunto deceduto a causa di un errore medico. Il tribunale adito accolse parzialmente la domanda liquidando il danno non patrimoniale in favore del coniuge in 30mila euro e in 20mila euro per ciascuno dei figli, importo determinato in ragione del grado e del rapporto di parentela con il de cuius, mancando ulteriori elementi di valutazione, in misura diversa considerando per la moglie la circostanza della convivenza e il fatto di avere “più intensamente vissuto il dolore per la perdita.”

La Corte d’appello di Salerno rigettò gli appelli delle società assicuratrici e degli attori osservando che gli appellanti, pur avendo invocato l’applicazione delle tabelle di Milano ne avevano omessa la produzione in giudizio e “non avevano articolato alcuna specifica doglianza idonea a contrastare la ratio della decisione, né avevano fornito circostanziali deduzioni in ordine alla natura ed entità dello sconvolgimento delle abitudini familiari di portata diversa da quella considerata dal primo giudice.” Sul punto la Cassazione considera fondata la doglianza dei ricorrenti, che ritenevano sufficiente la mera invocazione dell’applicazione delle tabelle milanesi, affermando che non sussiste più “alcun onere di allegazione”.

In merito al sistema tabellare di riferimento per la liquidazione del danno parentale, la Suprema Corte ha inteso dare continuità alle pronunce più recenti, affermando che le tabelle milanesi non rispondono ai criteri indicati dalla giurisprudenza con riferimento al danno da perdita del rapporto parentale, in quanto, non seguono la tecnica del punto, ma individuano un tetto minimo ed un tetto massimo, fra i quali ricorre una significativa differenza.

Pertanto, mancando l’indicazione di criteri determinati per stabilire quale importo liquidare e la “forma di concretizzazione tipizzata” offerta dalla tabella fondata sul punto variabile, viene ribadito che la tabella di Milano non è sufficientemente precisa per la liquidazione del danno da morte del congiunto, infatti, essa si limita a prevedere un importo minimo ed uno massimo senza seguire la tecnica del punto offerta invece dalle tabelle romane, pur non menzionate espressamente, alle quali bisogna ricorrere secondo i giudici della Corte di Cassazione.

La “forbice” individuata dal Tribunale di Milano risulta piuttosto ampia senza indicare alcuno specifico criterio per determinare concretamente quale valore debba essere liquidato, e di fatto la determinazione del danno parentale viene così rimessa alla valutazione equitativa dei giudici di merito, a scapito dell’uniformità di giudizio e della prevedibilità delle sentenze.

Per queste ragioni, il tribunale di Roma in particolare, si è posto da sempre in aperto dissenso con i criteri milanesi, utilizzando un proprio sistema tabellare per la liquidazione equitativa del danno non patrimoniale da perdita del rapporto parentale.

La stessa Cassazione (sentenza n. 29495 del 14/11/2019), ha esplicitamente smentito la pretesa valenza nazionale dei criteri milanesi, ribadendo tale orientamento nella sentenza n.10579 del 21/04/2021, che ha altresì riconosciuto la necessità di far ricorso a una tabella “che preveda, oltre l’adozione del criterio a punto, l’estrazione del valore medio del punto dai precedenti, la modularità e l’elencazione delle circostanze di fatto rilevanti, tra le quali, da indicare come indefettibili, l’età della vittima, l’età del superstite, il grado di parentela e la convivenza, nonché l’indicazione dei relativi punteggi, con la possibilità di applicare sull’importo finale dei correttivi in ragione della particolarità della situazione […]”.

A tale pronuncia aveva fatto seguito una chiara presa di posizione del tribunale di Milano che, con sentenza n. 5947 del 07/07/2021, aveva preannunciato una revisione dello strumento tabellare milanese, in conformità alle indicazioni della Suprema Corte, ritenendo tuttavia opportuno continuare a utilizzare, nel periodo transitorio, la propria tabella, seppur col necessario “correttivo” di un’adeguata ed analitica motivazione circa i parametri utilizzati per determinare l’entità concreta del risarcimento all’interno della “forbice” prevista dalla citata tabella.

I criteri in base ai quali va liquidato il “danno parentale”, quindi, devono essere rappresentati in una tabella che abbia i seguenti requisiti e che sono presenti, puntualmente, nelle tabelle romane:

  • adozione del criterio “a punto variabile”;
  • estrazione del valore medio del punto dai precedenti;
  • necessaria modularità;
  • elencazione delle circostanze di fatto rilevanti (tra le quali, da indicare come indefettibili: età della vittima, età del superstite, grado di parentela e convivenza) e dei relativi punteggi.

La sentenza risulta interessante e innovativa anche sul punto della mancata motivazione da parte del giudice di appello, con riguardo alla corrispondenza di una determinata somma liquidata e circostanze che ne giustificano il riconoscimento a favore del danneggiato, infatti, la Cassazione considera fondata la censura dei ricorrenti, allorquando lamentano che la liquidazione operata dal giudice di merito non sia ancorata a criteri obiettivi e che la decisione sia stata arbitraria, poiché nella liquidazione equitativa del danno la motivazione non è solo forma ma anche sostanza, e «la valutazione equitativa, nella sua componente valutativa, si identifica con gli argomenti che il giudice espone».

Secondo la Cassazione, il giudice del gravame non ha colto la mancanza di un importante passaggio logico tra le circostanze evidenziate e gli importi indicati, pertanto, sulla quantificazione del danno la motivazione è “meramente apparente” e, mancando “il perché” di quei determinati importi, precisando che “la lacuna motivazionale è sull’inferenza degli importi dai presupposti dati.”

La Cassazione ribadisce alcuni principi cardini del nostro ordinamento giuridico sancendo così, in un’ottica costituzionalmente orientata, che “la motivazione non è solo forma dell’atto giurisdizionale imposta dalla Costituzione e dal codice processuale, ma è anche sostanza della decisione, perché la valutazione equitativa, nella sua componente valutativa, si identifica con gli argomenti che il giudice espone. Gli argomenti (così come quando si bilanciano principi costituzionali) coincidono con la valutazione. Valutare è argomentare. L’argomentazione è la procedura che mira ad assicurare il più esteso esame delle circostanze del caso.

Una liquidazione equitativa del danno, priva di specifica motivazione, è pertanto violazione non solo della legge processuale, ma anche dell’art. 1226, perché ciò che difetta è non solo la motivazione, ma anche la valutazione.”

In conclusione vengono enunciati i seguenti principi di diritto: 

  • “ai fini della liquidazione del danno non patrimoniale mediante il criterio tabellare il danneggiato ha esclusivamente l’onere di fare istanza di applicazione del detto criterio, spettando poi al giudice di merito di liquidare il danno non patrimoniale mediante la tabella conforme a diritto;”
  • “al fine di garantire non solo un’adeguata valutazione delle circostanze del caso concreto, ma anche l’uniformità di giudizio a fronte di casi analoghi, il danno da perdita del rapporto parentale deve essere liquidato seguendo una tabella basata sul sistema a punti, che preveda, oltre l’adozione del criterio a punto, l’estrazione del valore medio del punto dai precedenti, la modularità e l’elencazione delle circostanze di fatto rilevanti, tra le quali, da indicare come indefettibili, l’età della vittima, l’età del superstite, il grado di parentela e la convivenza, nonché l’indicazione dei relativi punteggi, con la possibilità di applicare sull’importo finale dei correttivi in ragione della particolarità della situazione, salvo che l’eccezionalità del caso non imponga, fornendone adeguata motivazione, una liquidazione del danno senza fare ricorso a tale tabella”.

Il Collegio, quindi, nella sentenza in commento, intende espressamente dare continuità alla sua precedente pronuncia sul punto, n.10579 del 21 aprile 2021, finendo per affermare che “le tabelle milanesi non rispondono ai requisiti indicati in punto di perdita di rapporto parentale”, cassando così la decisione impugnata e rinviando la decisione al giudice di merito che “dovrà sì liquidare il danno non patrimoniale sulla base di tabella, conformemente alla domanda della parte danneggiata, ma facendo applicazione non delle tabelle milanesi, le quali restano conformi a diritto salvo che per la liquidazione del danno da perdita di rapporto parentale, bensì di altre tabelle che rispondano ai requisiti sopra indicati.”

Alla luce di ciò si ritiene corretto inferire che i Tribunali di merito, quando dovranno decidere sul cd. danno parentale, saranno ormai “costretti” ad utilizzare le tabelle del Tribunale di Roma poiché, attualmente, ritenute implicitamente dalla Cassazione le più corrette a liquidare tale tipo di danno.

 

LA SENTENZA